“ La  fortuna? diceva il grande ministro britannico Joseph Chamberlain - la fortuna? non la conosco.

Ciò che gli uomini chiamano fortuna è invece un'attenta cura dei particolari"

C'è una parte di verità in questa definizione ma io preferisco l'osservazione di Emerson "la fortuna non è che una parola per indicare la tenacia nei propositi".

Così come spesso si sente dire dai grandi uomini d'affari " I doni e le facoltà naturali non valgono nulla o valgono ben poco, se non sono serviti dalla volontà, dall'amore per il lavoro, dalla perseveranza e dalla audacia; quando sia necessario o quando sia più opportuno, dalla prudenza, dalla saggezza e dalla riflessione, che mantengono l'uomo nella direzione scelta, lo fermano nella strada pericolosa dei facili successi o dei piaceri deprimenti".

"Le fortune che attribuiamo agli altri sono quasi sempre, le qualità che essi hanno e noi no.

Le sfortune di cui ci lamentiamo sono, ancor più spesso, i difetti che abbiamo e che ci rifiutiamo di riconoscere".

Date retta a me, solo i mediocri credono nella fortuna e non nel merito, nel talento, nella perseveranza.

Gli invidiosi sono sempre inclini ad attribuire i loro insuccessi alla sfortuna e persuadersi che chi ha successo non ne abbia merito, ma sia uscito dalla mediocrità, grazie alla sua fortuna. In realtà c'è solo un modo intelligente di credere nella fortuna ed è quello di costruirsela giorno dopo giorno.

La vittoria non è questione di fortuna, di numero giusto o sbagliato, in nessun caso un grande uomo rimprovera la fortuna di averlo tradito, si lamenta solo di aver tradito se stesso.

Il successo sfugge sempre a quelli che l'aspettano dormendo; esso deve essere conquistato con sforzi e intelligenza, dipende dalla nostre capacità, dalla nostra cultura, dal nostro lavoro.

Il vero successo è un continuo sforzo.

Ogni vittoria ci fa superare un gradino e ci porta a dare inizio ad una nuova tappa più alta e più difficile. Nella salita verso il successo non c'è l'ascensore: "Bisogna fare le scale".